mercoledì 27 dicembre 2017

Quella pagina che urla

No, non c'è abbastanza spazio per la tenace fedeltà a propositi di rango inferiore. 
Non mi troverete in fondo a nessuna delle ore che si farà viva dopo il tramonto. 
Lei, io, la stavo aspettando da sempre.
Ogni mio puerperio vagito, ogni adolescenziale inganno, ogni adulta illusione la raccontava in tutte le sue mirabili vesti.
Ogni parola posata con attenzione su queste pagine che urlano l'ha corteggiata, sovente accostandola all'amore, al rimpianto, alla speranza, alla fiducia maldestra di chi resta qui a sopravvivere.
Mi stava solo aspettando con la pazienza delle cose imperiture. 
Vestita di bianco tra colonne erette verso volte invisibili. 
Aveva un volto gentile, e l'ho amata come il desiderio più atroce che si possa serbare. Ed è giunta con la tempesta che non lascia alcuna memoria della rivoluzione appena compiuta.
A svuotare con le vene della colpa ogni brandello residuo di questi fottutissimi giorni.
Dama di una smisurata solitudine, sei ciò che più amerò tra le squame di questo cuore senza alcun calore né gelo.
Pallida indifferenza che soffoca ogni attrito che non si traveste per la sfarzosa parata di questa abominevole farsa.
Mi hai accarezzato con la più autentica delle dolcezze, e m'hai fatto assaggiare più delle molliche di infinito servite al reietto banchetto della vita.
M'hai tenuto stretto come se volessi restituirmi ogni pensiero che t'ho rivolto dacché esisto, con la gratitudine che è propria delle cose giuste.
E m'hai donato il tuo sguardo saturo d'affetto, che è l'immagine della fine di ogni sostanza e della sua ombra.
Ed io non sarò mai colui che sono mai stato.
Avresti dovuto portarmi lontano con te.

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