martedì 20 novembre 2007

I hate



Ho incominciato a scriverlo pochi minuti prima di un appuntamento. Avevo le idee chiare, cioè nessuna, e sapevo che sarebbe stato uno dei soliti scritti illogici che partono e che si allontanano dalla mia mente senza guinzagli, e non sono scritti fedeli che tornano al papà con i richiami, con i fischietti, con la promessa della pappa o delle lische di sogliola, così come avevo abituato i miei gatti efficienti. I miei scritti se ne vanno via sbattendomi la porta in faccia e voltandomi le spalle.
Questo di oggi l'avevo cassato. Ghigliottinato. Confinato. Perchè il poco tempo che avevo prima d'andarmene l'ho dedicato ad altro. Ad altri, a chi so io. Ed è sempre meglio.
Qualche tempo fa' mi sono ritrovato a dover metaforicamente arredare una stanza virtuale. Un'impresa ardua per tante ragioni, dovute all'emotività del momento che mi impediva di esser utilmente lucido e razionale. Dovevo cercare dentro di me le cose che odiavo.
Io non odio nulla, dicevo, l'odio è una cosa che non è nella mia natura, ad esclusione del pomodoro crudo che per me rappresenta la summa di ogni ribrezzo, e non chiedetemi perchè. Sono 25 anni che a casa mia si studia questa mia sghemba forma di psicosi. L'ultimo uomo in Europa* odiava i topi, io odio i pomodori crudi.
Io non odio. Ho sempre pensato che questa forma di avversione radicale mi fosse sempre stata avulsa. Che la morbosa sensazione di avere miccia pronta a scatenare una furia di malvagia e raccapricciante ansia di annientamento verso qualcosa  o qualcuno mi fosse fortunatamente preclusa. Ed è così nei confronti della gente. Io non ho mai odiato nessuno. Però da un po' di tempo ho capito che io odio.
Odio la banalità viscerale di chi urla nella camera attigua alla mia litigando con mia sorella di cazzate  esemplari da esporre come figura alla voce "stronzata" del dizionario DeMauro, impedendomi di leggere le ultime rilevazioni dell'ISAE sugli effetti della delocalizzazione produttiva. Odio che mentre sto cercando di decifrare talune matrici e regressori, odo di lontano che si sta spifferando il mio nome con estrema accortezza per evitare che io possa minimamente percepire che si sta ciarlando del mio conto, in maniera un tantino meno astuta rispetto ai nobili intenti fraudolenti. Odio discutere inutilmente per anni interi della possibilità di derogare ai diritti inalienabili dell'uomo a causa di una forma paranoica chiamata "gelosia" redditizia solo al conto corrente di Willy Pasini che può così vendere libri sull'argomento. Odio parlare di cose che sembrano ai miei modestissimi denti delle normali umilianti scemenze puerili, e scorprire che c'è qualcuno che si ostina a non volersi nemmeno impegnare a capire. Odio ricordare un amico di merda che per anni ti ha voltato le spalle, che si rifiuta di ascoltare il perchè di tante cose, che palesa in tutti i modi la sua cruda indifferenza nei tuoi confronti, e che risponde ad ogni tuo cordiale tentativo di instaurare una comunicazione asettica con un "non me ne frega niente". No, non odio tutto questo, non sono mica scemo a sprecare l'odio per queste bazzeccole. Per queste potrei solo ringraziarlo per avermi dato l'opportunità di essermi scrollato dalla mente l'esistenza di un essere inutile. Odio quando vai a raccontare i cazzi miei in giro. E non me ne importa un cacchio del fatto in sè, perchè il pettegolezzo è l'arte più sopraffina per sancire la propria demenziale esistenza, ma in un paesino di gente unicamente dedita al mormorio, ad i tizi con un alto tasso di pubbliche relazioni di tipo politico le dicerie fanno danni ingenti. Quando me ne andrò via da questo pattume deliziate pure le vostre patetiche serate con tutte le barzelette, io me ne fregherò altamente.
Un'amica me lo dice sempre... io non sono cattivo, sono un tipo paziente e conciliante (ma quando mai??? Io sono una persona MALEFICA, sono SATANICO, PAGANO senza timore di DIO e mi mangio pure i bambini, stando alle leggende...) ma rendo lampante un evidente tasso di intolleranza verso la stupidità universalmente riconosciuta. Che ci posso fare? Ora però c'è un fatto. Questo è un post ad elevatissimo tasso di stupidità ed io lo ODIO con tutto me stesso. Non è la versione che avevo scritto e che avevo cancellato, perchè quella era davvero seria, perchè in verità ci sono tante cose che odio. Cose che non conoscevo di me e che ho imparato a comprendere attraverso il susseguirsi rapido di varie sfighe, cose che mi impediscono di vivere bene quello che agogno: la libertà, la spontaneità e vitalità, la voglia di sperare nonostante
"l'ermo colle", e un amore che sappia davvero valorizzare chi sono, e darmi la possibilità di donare pienamente me stesso. Odio tutto quello che mi impedisce di essere chi sono. Odio la stupidità ed i luoghi comuni quando violentano il concetto di semplicità ridicolizzandolo al rango di mediocrità. La semplicità vuol dire chiudere gli occhi e sentirsi bene senza disporre di nulla, semplicemente accogliere lo star bene senza motivo, che nasce dalle piccole cose, dalla normalità che diventa straordinaria, perchè ci appartiene e ci immerge in sè, in un pacato sospendersi dei drammi intorno e dentro.

Ho litigato di brutto con mio padre oggi, perchè s'incazza per delle sciocchezze. Ed io non lo sopporto. Mi ha rovinato la giornata quel piccolo lampo di odio che ho provato per quei lunghi monologhi sciorinati ad alta voce alle tre di pomeriggio, mentre neanche Cucuzza lo fa addormentare. Eterne dissertazioni sul menefreghismo filiale che mina le basi della famiglia, ma chi cazzo sei Ruini? Ma vaff tu e la famiglia! Ma chi se ne fotte di 'sti formalismi massonici? Che ti gridi che nessuno sta a sentì un cazzo di quello che dici! Ma pensa alla salute! Cribbio!

*
"L'ultimo uomo in Europa" è uno dei titoli con cui veniva riconosciuto il romanzo di G. Orwell, 1984.

1 commento:

  1. E poi, odiare è così impegnativo. Se bisogna impegnarsi in qualcosa meglio amare, no?


    Buona serata Alcor.

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