mercoledì 24 ottobre 2007

Levity




Non è incredibile come quando ti innamori di una donna ti sembra che lei viva d’aria, senza peso e senza fatica, senza nemmeno bisogno di mangiare, ma solo alimentata dalle sue qualità sorprendenti?”…”Sei così pieno di entusiasmo per la sua mancanza di peso che dedichi tutte le tue energie a renderla una parte permanente della tua vita, e non ti rendi conto di come in questo modo trasformi il suo equilibrio, e aiuti il suo peso a venire fuori. Vengono fuori le sue malattie psicosomatiche e vengono fuori i suoi genitori, vengono fuori i suoi difetti fisici e i suoi difetti di carattere e le sue richieste. E in buona parte sono richieste legittime, ma questo non fa che appesantirla ancora, finchè sei schiacciato a terra e hai solo voglia di scappartene via, a cercare da qualche altra parte una persona più leggera”.


Levity è il titolo di un film del 2003 di Ed Solomon, con Billy Bob Thornton e Morgan Freeman. Non è un gran film, ma è incentrato sul peso insopportabile che i sensi di colpa possono aggravare in fondo ad un'anima di per sè preda delle frequenti agitazioni esistenziali. Il testo qui sopra non ricordo da quale libro è tratto, un libro che non ho letto e che non leggerò perchè non rientra nei miei canoni letterari, ma chi se ne importa? Vale sempre il messaggio che potrei sentire dentro, vale sempre la sensazione di potermi sentire io stesso l'autore di quelle identiche parole, vale sempre la sensazione di immaginarsi dinanzi ad uno specchio leggendole. Ora quello specchio è ricoperto già dalla polvere, dal ricordo, sopraffatto dalle luci luminose che invadono la sala del cinema alla fine del film. I titoli di coda non li legge nessuno, non ci sono dediche, poche memorie riservate a chi quella storia l'ha vissuta o vista, l'ha interpretata. L'ultima triste scena resterà più viva del resto della storia, come quando sulla lapide di un defunto viene affissa la foto dei suoi ultimi giorni. L'immagine di un anziano, vecchio e brutto, mentre lì dentro c'è la conclusione di un'intera vita, un album di tante immagini, di infiniti sguardi ed espressioni. Ma il ricordo degli altri si nutre solamente dell'ultima illusione, non del sogno più bello. Quando scriverò un testamento chiederò che di me si affigga una foto di quando ero bambino, o di quando ero un liceale, di un qualsiasi periodo radioso della mia esistenza. Di quando mi son sentito leggero, come una piuma, illusa di cavalcare il vento e il destino e non di esserne vittima o schiavo. Oggi sono una piuma.

5 commenti:

  1. Ti ho detto di essere nel mezzo di situazioni che non avevo chiesto, che non avevo previsto, che mi stanno spiazzando... ecco... hai interpretato di cosa ho paura. Di essere stata leggera, di acquisire peso, di schiacciare l'altra persona. Di perderla.


    Grazie come sempre. Grazie anche per quando quasi ti odierei, tanto sai graffiare ciò che c'è dentro di me.

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  2. Graffiare!? Come lo sai che mi piace portare le unghia lunghe? Non ricordo di avertelo mai detto, o forse sì... sto diventando vecchio...

    Prego, comunque. ;-)

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  3. In effetti... me lo avevi detto davvero, ora che mi ci fai pensare!!

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  4. ...Ora ricordo, è vero... e mi avevi anche detto che le unghia lunghe non ti piacciono. Vero?

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  5. Non le porto io, non che non mi piacciono.

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