domenica 28 ottobre 2007

Perso tra le parole





Pink Floyd - Lost for Words (The Division Bell, 1994)



Stavo trascorrendo il mio tempo nello sconforto
Avvinto in un calderone d'odio
Mi sentivo perseguitato e paralizzato
Pensavo che tutto il resto potesse aspettarmi.
Mentre sprechi il tuo tempo con i tuoi fantami
Ingolfato in un febbrile rancore
Oltre la tua visione angusta la realtà svanisce
Come un'ombra ingoiata dalla notte.
Martoriarti nella cautela
Non ti agevolerà affatto
Perché non ci sarà una soluzione nei numeri.
Quando il Giusto se ne scappa dalla porta
Non scopri i tuoi giorni afflitti dall'oscurità?
É vero che batti i pugni per terra?
Imprigionato in un mondo di solitudine
Mentre l'edera cresce sull'uscio della cella.
Così apro la porta ai miei fantasmi
E chiedo di poter cancellare la lavagna.
Mi dicono cortesemente di andare a farmi fottere
Sai che non puoi proprio vincere.


(traduzione e re-interpretazione by Alcor)



A te che nella spuria risposta dello specchio rapprendi mutevoli volti e nessun tratto, a te che in ogni gesto cogli infiniti spigoli della mente senza un'apparente logica. A te che attendi, a te che scruti. A te che manipoli il tempo come un barattolo da saturare con zucchero e fraudolenta polvere grigia. A te che abbassi lo sguardo per non lasciarti guardare. A te che riordini i giorni estirpando radici di sterpi da pensieri e avverti rinverdire dal vuoto di dentro un fuoriuscente conato di rabbia. A te che parli tra chi non ha voce e ti assuefi ai vitrei silenzi per non sfiorare il torbido vuoto tra gli uomini tra cui serpeggia un atro livore.
A te che non parli ed osservi, perchè tutto assorbi. A te che sembri non esistere nell'istante in cui calpesti un'aiuola di sabbia, provando a sedare la terra al tuo passaggio, certo di marcare un segno e una traccia, che alle tue spalle il vento scompone in scaglie di nulla che non t'assomigliano più.

Mappa del cielo - Roma 29/10/2007 ore 00:00

L'irruenza di Sirio nell'orizzonte orientale mi induce a parlare della luminosità apparente. Sirio la vedete acuminata nei pressi di Orione, in una regione del cielo molto ricca di astri radiosi, che rende il cielo invernale uno spettacolo di rara bellezza. Le nominerei tutte una per una queste magnifiche gemme: Sirio, Procione, Rigel, Betelgeuse, Bellatrix, la Cintura d'Orione, Aldebaran, Castore, Polluce, senza contare lo spettacolo della "Spada d'Orione", la Grande Nebulosa visibile ad occhio nudo, oppure le  teneri Pleiadi che scappano irretite dal Toro. La maggior parte di queste stelle sono di colore azzurro, stelle giovani dalla cromatura quasi glaciale che le connota ancor di più come regine d'inverno.
Sirio in particolare, con il suo fulgido tremore che la rende incerta come il miraggio di un punta di lancia che buca il firmamento nero. Sirio è la stella più luminosa per noi. Ma non è la stella più luminosa in senso assoluto. Perchè la luminosità e la bellezza è condizionata dalla vicinanza. Sirio ci appare splendida ed insostuibile perchè è lì, quasi la possiamo sfiorare come un diamante sospeso ad una parete non così lontana. Possiamo coglierla e donarla a chi vogliamo bene. Sirio è vicina, e la possiamo amare per sempre perchè la sua luce sarà sempre posata sul trono della notte di Natale. Ma l'occhio del pensiero riesce ad andar oltre... e magari posarsi su quel mondo che non è percepibile alla nostra vista ed al nostro cuore, come una gemma sconosciuta della costellazione dell'Hydra, sepolta nell'abisso siderale, una principessa dimenticata ed esiliata che non conosce le lodi e gli sfarzi di Sirio. E racchiude nel suo infinito irraggiungibile una maestà che non si può scorgere. Esistono infiniti paradisi che noi amanti di Sirio ignoriamo, tutto questo può angosciare perchè non li raggiungeremo mai, ma tutto questo può infondere speranza perchè in fondo, benchè inarrivabili, questi infiniti tesori ci sono comunque.
Come i sogni a cui rinunciamo ma che sentiamo vivere indifferenti da noi che pure li coltiviamo nell'anima.

venerdì 26 ottobre 2007

Vade Retro Alcor!


Premetto, io me ne vado a zonzo tra i blog
raramente, anche perchè non ho molto tempo da perdere. Ieri però un blogger ha visitato il mio profilo, così, incuriosito per il suo avatar, ho seguitato nel ricambiare la visita, e successivamente sono approdato nel suo blog. L'occhio m'è subito caduto su un post dedicato al Partito Democratico e immediatamente si è accesa in me la fiaccola della simpatia che mi ha indotto a curiosare ancora. Ma io lo dovrei sapere ormai che la politica mi fa male! Perchè subito dopo mi imbatto in un post curioso dove si parlava di un test utile ad individuare le nostre reali inclinazioni religiose.
La religione è argomento delicato per me medesimo, ed anche se ho avuto trascorsi da praticante convinto, da fedele più o meno redento, è da tempo che di tale argomento me ne curo davvero poco.  Mi definerei alquanto indifferente al sentire religioso, ma nutro profondo rispetto per chi crede in qualsiasi cosa. Credere in fin dei conti è bello, beato chi ci riesce!
Allorchè la tentazione di misurare quale fosse la religione più calzante per la mia anima impura era molto allettante, ho fatto il test ed ecco il risultato vergognoso:




































































Satanismo










 



70%



Paganesimo










 



70%



Buddismo










 



65%



Agnosticismo










 



65%



Cristianesimo










 



55%



Ateismo










 



50%



Confucianesimo










 



50%



Islam










 



45%



Induismo










 



35%



Paranormale










 



20%



Ebraismo










 



5%






Risulto SATANISTA!!! Al massimo mi consolo sentendomi PAGANO!!! Leggiamo la didascalia della mia fede:

"
Le tue convinzioni si avvicinano maggiormente a quelle del Satanismo! Prima che tu urli, fai qualche ricerca a riguardo. Per essere satanista, non devi necessariamente credere in Satana. Il Satanismo generalmente si concentra sull'avanzamento spirituale di sè stessi e nella libertà di scegliere arbitrariamente, piuttosto che sottomettersi a qualche divinità o restrizione morale. Fai qualche ricerca sul Satanismo se pensi immediatamente allo stereotipo del culto satanico. Potresti anche essere vicino a religioni terrene come il Paganesimo."

Avete capito!!! Altro che faccino da bravo ragazzo! Se lo sapesse quella pia donna di mia madre che risulto cristiano solo al 55%... E pensare che da giovane mi son sempre ispirato a Petrarca, colui che si flagellava ogni volta che incautamente praticava onanismo mentre impudentemente la sua fantasia si tuffava nelle chiare, fresche e dolci acque insieme alla desiderata Laura! Petrarca morì colpito dalla sincope, ma siamo sicuri che non fosse diventato anche cieco!?
Sono due le cose che mi inducono a ridere sghignazzando tra un "vaffa" ed un "oh perbacco": la prima è che più che pensare alla religione sono anni che preferisco pensare a Darwin e a Rousseau; la seconda è che il diavoletto è la mascotte del Milan. Ed io il Milan non lo sopporto, perchè mi viene una facile associazione di idee che non mi fa sopportare il Milan, la Mondadori, La Rinascente, Milano Due,
Mediaset, Adriano Galliani, Sandro Bondi, l'utilizzo ipocrita e avvilente della parola "libertà", Giulio Tremonti, la Brambilla (ma ce l'ha un nome costei? Quel tipico "la" davanti al cognome sembra identificarla più come una bambola gonfiabile...) ... fino ad arrivare a lui, l'inneffabile che non nomino nemmeno. Altrimenti rischio di dar ragione a quel test...


mercoledì 24 ottobre 2007

Levity




Non è incredibile come quando ti innamori di una donna ti sembra che lei viva d’aria, senza peso e senza fatica, senza nemmeno bisogno di mangiare, ma solo alimentata dalle sue qualità sorprendenti?”…”Sei così pieno di entusiasmo per la sua mancanza di peso che dedichi tutte le tue energie a renderla una parte permanente della tua vita, e non ti rendi conto di come in questo modo trasformi il suo equilibrio, e aiuti il suo peso a venire fuori. Vengono fuori le sue malattie psicosomatiche e vengono fuori i suoi genitori, vengono fuori i suoi difetti fisici e i suoi difetti di carattere e le sue richieste. E in buona parte sono richieste legittime, ma questo non fa che appesantirla ancora, finchè sei schiacciato a terra e hai solo voglia di scappartene via, a cercare da qualche altra parte una persona più leggera”.


Levity è il titolo di un film del 2003 di Ed Solomon, con Billy Bob Thornton e Morgan Freeman. Non è un gran film, ma è incentrato sul peso insopportabile che i sensi di colpa possono aggravare in fondo ad un'anima di per sè preda delle frequenti agitazioni esistenziali. Il testo qui sopra non ricordo da quale libro è tratto, un libro che non ho letto e che non leggerò perchè non rientra nei miei canoni letterari, ma chi se ne importa? Vale sempre il messaggio che potrei sentire dentro, vale sempre la sensazione di potermi sentire io stesso l'autore di quelle identiche parole, vale sempre la sensazione di immaginarsi dinanzi ad uno specchio leggendole. Ora quello specchio è ricoperto già dalla polvere, dal ricordo, sopraffatto dalle luci luminose che invadono la sala del cinema alla fine del film. I titoli di coda non li legge nessuno, non ci sono dediche, poche memorie riservate a chi quella storia l'ha vissuta o vista, l'ha interpretata. L'ultima triste scena resterà più viva del resto della storia, come quando sulla lapide di un defunto viene affissa la foto dei suoi ultimi giorni. L'immagine di un anziano, vecchio e brutto, mentre lì dentro c'è la conclusione di un'intera vita, un album di tante immagini, di infiniti sguardi ed espressioni. Ma il ricordo degli altri si nutre solamente dell'ultima illusione, non del sogno più bello. Quando scriverò un testamento chiederò che di me si affigga una foto di quando ero bambino, o di quando ero un liceale, di un qualsiasi periodo radioso della mia esistenza. Di quando mi son sentito leggero, come una piuma, illusa di cavalcare il vento e il destino e non di esserne vittima o schiavo. Oggi sono una piuma.

giovedì 18 ottobre 2007

Away






Aria

Sai

nascono così
fiabe che vorrei
dentro tutti i sogni miei
e le racconterò
per volare in paradisi che non ho
e non è facile restare senza piu' fate da rapire
e non è facile giocare se tu manchi
aria come è dolce nell'aria
scivolare via dalla vita mia
aria respirami il silenzio
Non mi dire addio ma solleva il mondo

portami con te
tra misteri di angeli
e sorrisi demoni
e li trasformerò
in coriandoli di luce tenera
e riuscirò sempre a fuggire dentro colori da scoprire
e riuscirò a sentire ancora quella musica
aria come è dolce nell'aria
scivolare via dalla vita mia
aria respirami il silenzio
non mi dire addio ma solleva il mondo
aria abbracciami
volerò
aria ritornerò nell'aria
che mi porta via dalla vita mia
aria mi lascerò nell'aria
aria com'è dolce nell'aria
scivolare via dalla vita mia
aria mi lascerò nell'aria

(G. Nannini)


Starò via qualche giorno, non so di preciso quando torno (se torno). Finalmente me ne vado in cima ad una montagna, e spero davvero che nevichi così come dicono le previsioni. Ne ho bisogno, ne avevo bisogno da tempo e stavolta un po' di riposo concreto me lo concedo come non faccio da anni, anzi, come non ho mai fatto.
Poichè non ci sarò nel dì di festa anticipo anche la mappa del cielo della prossima settimana.


Mappa del cielo - Roma 22/10/2007, ore 00:00

Sulle mappe del cielo sto descrivendo poco dacchè ho inserito le animazioni, questo perchè la mappa si descrive molto bene da sola. Solo vanno segnalate  tra le costellazioni che stanno sorgendo ad est, i due "cani", Cane Minore e Cane Maggiore, con le due luminosissime stelle rispettivamente: Procione e Sirio. Sirio è la stella in assoluto la stella più luminosa del cielo; con Procione e Betelgeuse, la spalla sinistra di Orione, formano un triangolo equilatero abbastanza preciso. Mentre Altair dell'Aquila, il vertice del traingolo estivo, si prepara al suo stagionale letargo.
Alla prossima.
Bye

mercoledì 17 ottobre 2007

Non aspettarmi...




Devo decisamente decidermi di smettere di ascoltare un certo tipo di musica, di assorbirla, di suonarla, di spalmare di tali armonici le mie oziose mattine, figlie di nottate sprecate in una confusa mistura di ore smarrite tra un insignificante pascolo errante notturno dove le strade non hanno un nome, e un'insonnia vorace scavata dal mal di stomaco, da incubi di voci che non si scompongono, da dubbi che assestano colpi d'accetta nel fianco d'una volontà di per sé labile e fiacca.
Pensieri e progetti ridotti a grigia legna da ardere in un braciere mai pago, che ingoia il buio senza rendere luce e calore, riempendo solo la stanza di fumo.
Si camminava risalendo l'età ed il rincorrere di sogni ed esperienze che il presente non concedeva. Eri al mio fianco tenendomi strette le dita, frapponendo i tuoi occhi tra il mio sguardo ed il mare. Mentre io davo un nome ai tuoi desideri, e la roccia della scogliera mi premeva le spalle, racchiudevi nel tuo abbraccio ogni sconfitta della mia instabile voglia di crescere e vivere. Una capanna di edera appesa ad un precipizio schiaffeggiato dal vento, dove nascondere e coccolare tutta la bruttura di un'esistenza che non ho mai ringraziato d'avere; che avrei ripudiato mille volte se non avessi sopraelevato anche la fine di ogni cosa ad un ristoro immeritato della mia insensatezza. Esserci è più atroce dello sparire. Schiavo di una nube ai confini del cielo da cui attingere le mie pulsazioni dell'anima, da tradurre in parole improfumate da lozioni di erudita bellezza. Hai coltivato una maschera intorno ai miei occhi senza spogliarmi del male che divorava il mio silenzio accecante. Frapponendo ogni volta i tuoi occhi tra il mio sguardo e lo spazio sconosciuto che si frastagliava incomprensibile oltre le tue spalle, i tuoi lunghi capelli neri e morbidi, e le tue lacrime che non riuscivo più a spegnere nel tuo sguardo d'accusa. In te ho saputo perdonare il mio coraggio rachitico di spalancarmi alla vita, che mi ha reso povero e fragile, impaurito nel saper afferrare la leva di un aliante che temeva la consistenza delle nuvole e lo sguardo indiscreto della luna. Hai raccolto il mio male in un ristoro accogliente con le grate più fitte nelle fessure da cui spiare il mutare del mondo che piano si dimenticava di me.
Ora che rinasco al mondo, ancora bagnato dalla placenta d'una gabbia matrigna, silenzioso volgo sommessamente le spalle allo strazio che s'addensa intorno al mio sguardo imprudente. Ai bordi della strada non c'è un recinto ed un parapetto che s'interpone tra me e lo strapiombo che cade a picco tra le onde. C'è solo un'intercapedine d'affanno nell'essere incapace di ignorare ogni tuo sgomentato lamento che si afferrerebbe nell'aria, per come sia denso in ogni gesto della mia invereconda coscienza d' essere sbagliato, in quanto inutilmente presente ai miei giorni.
Adesso dinanzi ci sono anni che non riuscirei ad affrontare da solo, mentre il rimorso mi indurrebbe a tornare in quella gabbia che mi annichiliva esaltando le mie debolezze, dove castravo le mie ali e recidevo nel malsano tepore del tuo abbraccio, la mia voglia di vivere e narrarmi per quello che sono. Mi davi la forza di esserci spegnendo la necessità che io accendessi il mio fuoco vitale con la mia sola speranza, quella che è propria di una mente indomabile. Ed ora tutto appare spaventoso e stupendo, mentre tra le nuvole percorro un viale rinfrescato dal temporale, interrrogandomi se la mia sia una rinuncia, oppure una rinascita, immaginando quel che vorrei dal mio esistere, per costruire un'altra illusione che funga da stampella ad un domani ancora mutilato da una guerra che non accenna a placarsi... Se qualcuno mi odiasse, gli rivolgerei il mio consenso, prima che il mio orgoglio si ridestasse per sputare in faccia al disprezzo.
Non aspettarmi, o rinnega la sera, il tramonto non sarà l'araldo dei miei passi ritrosi e balbettanti. Un suono lanciato verso la fuga si infrange bruscamente nell'aria, molto prima d'una voce suadente che incalza il suo tono prefigurando il suo arrivo ad orecchie imbonite dall'inutile attesa di questi.

Parole...





"...Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!..."

"...Le merendine di quand'ero bambino non torneranno più! I pomeriggi di Maggio! Mamma! Mia madre non tornerà più! Il brodo di pollo quand'ero malato, gli ultimi giorni prima delle vacanze..."



Nanni Moretti, Palombella Rossa, 1989.

martedì 16 ottobre 2007

Cattive intenzioni







Forse sarebbe consigliabile che stasera mi si stia alla larga...
i film hanno una strana influenza su di me, soprattutto Kubrick.


"... Oh deliziosa delizia e incanto. Era piacere impiacentito e divenuto carne. Come piume di un raro metallo spumato, o come vino d'argento versato in nave spaziale. Addio forza di gravità, mentre slusciavo...quali visioni incantevoli!! "


(Alexander DeLarge)


lunedì 15 ottobre 2007

Non fare cazzate pure tu!


Guarda quanto ci tengo! Ti ho dedicato la domenica nel periodo più devastato della mia esistenza. Dedico a te il primo post dopo una settimana di silenzio lancinante che ad uno come me vuol dire vivere in apnea. Lo so che dovevo subire una catarsi interiore, ed il fatto che oggi mi ero ripromesso di scrivere senza aver poi trovato nulla di interessante da proporre, e aver ripiegato su di te, sindaco pacioccone della città eterna, perchè proprio non mi viene un cavolo oggi, dimostra che la catarsi non è affatto conclusa.
Vabbè diciamo due cosine, visto che lo fa Beppe Grillo che ultimamente mi è molto molto scaduto, a dire scemenze mi ci rimetto pure io.
E' nato 'sto PD, e adesso? Adesso mandate a casa i matusalemme!!! Toglietevi la vergognosa pensione parlamentare, fate la maledetta legge elettorale, e poi andiamo al voto! Perchè non potete rovinarmi la vita con Turigliatto che non vota in Senato, con Lamberto Dini che fracassa da una parte e Rifondazione che fracassa dall'altra nei suoi presocratici diletti onanistici senza alcun fondamento storico-economico. Mi state facendo dare ragione a Confindustria vi rendete conto! Se continuiamo così crepo prima io di ansia della Montalcini... E fatemi un favore personale, visto che ho portato 700 persone alle primarie: faccio la spia, la sede di un'inutile Comunità Montana è sotto casa mia, se mi fate la cortesia di smantellarla, perchè occupano tutti i parcheggi con le auto blu, ed io non so dove cacchio lasciare la macchina. Grazie.



PS: Se la Brambilla non pensasse, se non avesse quella voce gracchiante e quella tintura ai capelli da marmellata di albicocche, non è poi tanto male... No, non sto alle pezze, cioè, forse non è per quello: ma una donna come la Brambilla, intesa come scatola organica, depotenziata di ogni facoltà di pensiero, potrebbe risultarmi interessante. Del resto io ho gusti bizzarri...

domenica 7 ottobre 2007

Au Revoir




John Powell - Face/Off Soundtrack - Ending Theme



Esistono orizzonti dove anche le stelle intramontabili si acquietano,
dovono possono assaporare il profumo di un risveglio,
dove non esistono serrature ai cancelli dell'alba
e notte e giorno si abbracciano in un crepuscolo senza tempo.
Dove il sole taglia a metà la terra riscaldando senza ardere,
dove le parole piovono come polline dalle betulle
incantando attimi senza ereditare rimpianti.
Esisterà un silenzio davanti ad uno sguardo chinato,
una mano ripiegata, ed un sorriso intimidito.
Esisterà un silenzio che saprà essere magico
più dello sbocciare di un'altra poesia.

Ho ancora un sogno da raggiungere,
più lontano di questa notte.


Alcor


sabato 6 ottobre 2007

Mappa del cielo - Roma 8/10/2007 ore 00:00


La mappa del cielo parla da sè, segnalo solo che stanno per sorgere due gemme del cielo invernale, e che una fiamma azzurra sta per incidere nell'orizzonte est, ed è davvero la regina di tutte le stelle.
E con questa, direi che possiamo far calare il sipario.... A presto.
Quando, non lo so davvero....aspetto che il sangue torni a scorrere nelle mie vene, ciao.
Alcor


Ssssshhh.....



A chi in questo preciso momento mi ha un po' cavato fuori dall'abisso, grazie... onori davvero il tuo nome...



E tu...
chissà dove sei,
anima fragile
che mi ascoltavi immobile
ma senza ridere.
E ora tu chissà
chissà dove sei?
avrai trovato amore...

E la vita continua
anche senza di noi
che siamo lontani ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai
Perché col tempo cambia tutto lo sai
cambiamo anche noi...



mercoledì 3 ottobre 2007

qual'è la mia realtà?
quella che conosco, e che ignoro su questo volto


La mia verità è scritta dietro questa notte

è scolpita in questo notturno tra le stelle

è il sussurro di un angelo bianco.

E' una scala che si perde lungo i passi che portano dove sai,

un semplice enigma che non è nuovo a quello sguardo.

 


***La mia notte si illumina e TU sei la mia stella***

vorrei che una fiammella spezzata dal vento tornasse a splendere

come quel dolce primo bagliore

un'aurora che ho sognato diventasse un mattino senza tramonto

perchè qui ogni fetta di cielo a cui sono appuntate le stelle

mi parla  incessantemente di te.

Sei ovunque possa posarsi il mio sguardo ridente,

attendi nell'ombra dove si riposa il mio silenzio.

 

Sei in ogni tempo della mia vita

sei tra quelle parole che voglio tacere

ma che mi brillano qui, sospese tra le labbra

riflessi d'un mare che mi inonda il cuore.


|Soltanto un passo|

|In cima  a questo canto c'è la chiave|

|Risali ed illumina questa scalinata che ascende al cielo|

 

Yes it was plain to see, yes it was meant to be
Written in the stars
Written in the stars
Written in the stars 


(Queen, Made in Heaven)

 

martedì 2 ottobre 2007

Caro Diario



Molto spesso parlo di me attraverso racconti, immagini, suggestioni, poesie, musiche. Momentanee svirgolate della ragione che mi riflettono e mi inquadrano, ma resta sempre un dipinto dall’immagine frammentata, i cui pezzi si confondono, non si comprendono. Non amo molto parlare direttamente di quello che vivo, quello che sento, anche se spesso l’ho fatto. E secondo qualcuno ciò aveva anche un buon odore. Ho  sempre l’abitudine a filtrare la mia luce attraverso il prisma, scomporla nell’iride e in vari colori, ed ognuno ci vede poi quello che vuole. Spesso non si vede niente. La verità è che potrei aver molto da raccontare, e troppe poche parole a disposizione, perché è una fase della mia vita in cui vita ed esistenza viaggiano su binari lanciati lungo destinazioni diverse. A volte le rotte coincidono, a volte si specchiano, altre volte si ostacolano. Perché io voglio affacciarmi alla finestra ma mi ritrovo troppo spesso di spalle al panorama, e guardo sempre dentro, scavo, metto la stanza sottosopra, sollevo mattoni, indago tra le fessure, assaggio la polvere e sforzo i miei occhi. E non trovo sempre che gli stessi pensieri. Qualcuno mi consiglierà di cambiare sostanze chimiche, o semplicemente di scegliere con maggiore attenzione i miei spacciatori. Il guaio è che sniffo solo aria pura e bevo acqua potabile (con rare eccezioni) dacché sono nato, e che le fantasie lisergiche sono un prodotto genuino col marchio “d’origine incontrollata” del mio cervello.
Oggi voglio far finta di parlare normalmente perché in questi giorni sto vivendo una serie di trambusti emotivi abbastanza violenti dentro, e devo sfogare. Vorrei avere aneddoti da raccontare, esperienze da divulgare, ma il fatto è che sono giorni in cui limito le mie incursioni sociali a rari improrogabili apparizioni, organizzo cose e coordino persone attraverso i potenti mezzi di comunicazione a distanza che il XXI secolo ci mette a disposizione per alienarci ulteriormente, più di quanto ciò non sembra essere congenito all’uomo in quanto ontologicamente pensato. Ed è normale che in tutto questo è semplice che spunti il solito Kant, quando va bene, o il vecchio Giacomino, quando va meglio. Scarico la posta elettronica con le ricerche che mi commissionano, ci sono i links alle banche dati, una marea di numeri e info da ordinare, organizzare, interpretare, e magari da “imbellettare” per permettere all’organismo politico committente di potersi autoesaltare per i risultati che io consento loro di ostentare a destra e a manca. Se non si sbrigano a pagare, giuro, che per quanto possa voler loro bene, gli confeziono un pacco regalo di lusso la prossima volta!   
Ho la mia mailing list di persone a cui devo puntualmente rompere le scatole, ho i volumi incolonnati alla mia destra, qualche centinaio di documenti in .pdf da cui farmi devastare le pupille dalla mattina alla sera. Ho il vantaggio di fare il tutto come più mi aggrada, e di recarmi sul mio fatuo posto di lavoro quando proprio c’è il rischio concreto che davanti al pc che usualmente utilizzo nell’ufficio (quello “sotto” il condizionatore), possano mettere una mia foto con la scritta “ci mancherai”.
Gli amici li ho, sparsi nel mondo ma li ho. Esco con una combriccola di gente che non appena mi incontra vuole abusare della mia mente e della mia voce per delle sciocche manifestazioni volte alla propaganda, alla divulgazione, alla oramai tramontata pratica di educazione delle masse indifferenti. Ed io qualche volta, anche per non annoiarmi a vita mi presto anche.
Vabbè fino a poco tempo fa’ avevo anche altro, ma quello è un tasto che è meglio non toccare…
Ora, io scrivo con lo stesso automatismo con cui potrei bere quando ho sete. Ormai la scrittura è passata tra le mansioni del mio sistema nervoso parasimpatico, è una pratica fuori ogni tipo di controllo. Anni fa’ mi capitava di interrompere bruscamente il sordido peregrinare dei giorni, ne afferravo uno a caso dalla tasca polverosa della mia giacca, come fosse una minuscola biglia di vetro, e lo riponevo dinanzi agli occhi sulla mia scrivania. Lo guardavo dapprima con un sorriso di scherno e pietà, come un gatto che si divertiva a giocare con la lucertola uccisa prima di mangiarla. Ma lentamente quello sguardo sfumava nella rabbia che attraversava i bulbi dei miei occhi insanguinati dall’allergia primaverile. Quel giorno diventava il bersaglio inerme su cui si schiantavano interi vagoni di giorni deragliati senza binari né locomotrice; quella biglia di vetro una vittima sacrificale che avrei deciso di scaraventare al suolo per frantumarla in minuscoli granuli con la furia innescata dal vuoto accumulato inconsapevolmente sulle mie spalle.
Sono anni che non metto le mani in tasca, ed ho il terrore di calare gli occhi su quello che potrei trovarci. E questo non vuol dire affatto che abbia deciso di abbandonare quella sinistra abitudine, solo che adesso avrei da affondare un peso sul malcapitato giorno che ha la consistenza del piombo depositato in intere annate di dormiveglia esistenziale. Non lo so se farà rumore, “l
a tristezza in fondo al cuore come la neve, non fa rumore”.
Ecco che qualcuno lo devo citare per forza. Quello che so è che non vorrei più guardarmi dentro. Ho scritto tante di quelle meravigliose cazzate su questo blog, rasentando la stratosfera del cervello e del cuore, ancora non capisco come faccia qualcuno a leggermi, e qualcuna a chiedermi di non smettere. Lo dicevo ad una persona che ha il vizio di discorrere con me, voglio una vacanza.
Una vacanza nella quale rendermi conto di avere anche una testa, due braccia, un torace, un addome, e mi fermo qui non scendo più in basso… arrivo subito alle gambe ed ai piedi.
Vorrei che la mia mente fosse ogni tanto assalita dall’amletico dilemma di dover scegliere, tra Inter- PSV o Manchester-Roma, ad esempio stasera. Vorrei litigare con qualcuno, sì, devo trovare qualcuno con cui litigare, far finta di rodermi il fegato per una stronzata, e poi ritornare a parlare da solo come Nanni Moretti in Caro Diario. Parlare soltanto quando sono da solo.
Ecco vorrei starmi un momentino zitto dinanzi ad una persona speciale, correrle incontro, evitare di dire le mie solite quotidiane poetiche minchiate, togliermi i miei adorati occhiali da sole stile Bono in Acthung Baby 1991, illudermi che lei sia lì per me, ad attendermi, scendere da un treno e guardarla negli occhi, sorriderle, e racchiudere la mia vita intera in due parole semplici da regalarle per sempre: “ciao, finalmente…”.
Un attimo di vita così, assaporato e gustato fino all’ultimo nanosecondo, e poi fare un fischio a chi ha deciso di farmi nascere, per fargli presente che quel discutibile favore resomi 25 anni fa’ se lo potrebbe anche riprendere. Perché dalla vita avrei avuto davvero tutto il meglio.
Un sogno semplice, senza sforzare più di tanto in fantasie il mio cervello con cui ho da sempre un rapporto sadomasochistico.
Vorrei una casetta in montagna nei pressi di un lago, l’illusione di un piccolo mare tutto per me. Tuffarmici nudo d’inverno, galleggiarvi di notte guardando l’Orsa Maggiore spuntare alle spalle del colle in una notte chiara di luna. Canticchiare e pensarti, pensarti incessantemente mentre rendi più bello il disordine della mia vita. Perché tu non puoi mancare in tutto questo. E spero davvero che tu il vizio non lo perda.
Galleggio sul lago e mentre provo ad assopirmi tendo l’orecchio, vorrei che ci fosse una voce, una voce che ancora non so come intonerebbe quel canto notturno. Quella voce che mi sussurra ogni cosa che la mia mano trasforma in parole, ed il cuore in emozione.
E tutto è così simile all’infinito… e se qualcuno mi rubasse i boxer, mentre galleggio, sarei in una dimensione talmente felice che gli vorrei bene lo stesso. Sì, ondeggiando silente tra questi pensieri, io vi amo tutti.
Qualcuno di più, cioè *qualcuna* di più, ma saranno cavoli miei… la risposta, amico mio, "
is blowin’ in the wind… the answer is blowin’ in the wind…"


… Quel che sarà, quel che troverò lassù e allo stesso tempo quaggiù in fondo all’anima non mi importa, "nothing really matters, anyone can see, nothing really matters… to me… anyway the wind blows…" (F. Mercury, Bohemian Rapsody)

Vi racconto di Mr. Duffy


"Mr. James Duffy viveva il più possibile distante dalla città di cui era cittadino, tutti gli altri quartieri di Dublino gli sembravano volgari, moderni e pretenziosi. Alle smisurate pareti della sua stanza non pendevano quadri."

Un intellettuale egocentrico, un impiegato di banca amante di Mozart, "il suo amore per la musica l'induceva talvolta ad andare a sentire un'opera o un concerto, e questo era l'unico spreco della sua vita."



Non aveva compagni, amici, né chiesa, né fede religiosa, la sua esistenza trascorreva senza scosse: una storia senza avventure.

Una sera a teatro gli capitò di sedersi accanto a due signore, una madre ed una figlia. La madre, di un anno più piccola di lui prese a conversare. Duffy si stupì di quanto fosse poco timida.

"Gli occhi fermi di un cupo azzurro. Il loro sguardo manifestava un'iniziale nota di sfida, subito dispersa da quello che sembrava un deliberato illanguidirsi della pupilla nell'iride che rivelava per un istante un temperamento di accesa sensibilità."

Tornò ad incontrarla più volte in seguito, ed ogni volta cercava di entrare sempre più in intimità. Mrs Emily Sinico era sposata, il marito era il capitano di un mercantile in viaggio per il mondo.  Duffy e d Emily si incontravano spesso al tramonto, ma egli odiava i sotterfugi. Emily prese ad invitarlo a casa sua; il marito aveva escluso a tal punto la moglie dal rango dei piaceri da non riuscire nemmeno a concepire l'idea che qualcuno potessse provare simpatia per lei. Poco a poco, il rapporto tra Duffy ed Emily divenne sempre più intenso e profondo, lui le regalava libri, ne cominciò a condividere la vita intellettuale, lei lo incoraggiava ad aprirsi in maniera quasi materna, e lui prese a confidarle pensieri e turbamenti come mai avrebbe immaginato. "La compagnia della donna era per lui come la terra calda per una pianta esotica. La musica che continuava a vibrare nelle loro orecchie diveniva il tramite della loro unione. Un'unione che esaltava, smussava gli aspetti più duri del suo carattere..."
Incontri fugaci ed innocenti di anime che si avvicinavano piano, rompendo entrambi il muro della paura e della solitudine dell'anima. Ma quando una volta la mano di Emily premette con ardore sulla guancia di Duffy, egli fu colto dallo sconcerto.
"Non possiamo darci agli altri, apparteniamo solo a noi stessi.
" Pensava.

Duffy le chiese un incontro, e furono concordi nell’interrompere la loro relazione:
"qualsiasi legame, egli disse, è un legame di dolore."
Non la rivide più per quattro anni. Evitava di andare al teatro per non incontrarla, restò a scandire i suoi giorni con lento incedere e con attenta circospezione.

Una sera, mentre cenava come faceva abitualmente nella locanda, stava portandosi alla bocca il suo boccone scorrendo le notizie del suo giornale. Quando un piccolo trafiletto catturò il suo sguardo e nelle prime righe gli si spezzò il fiato. Uscì di corsa per leggere quell’articolo alla luce di un lampione su una fredda panchina di una notte irlandese.
Una donna era morta il giorno prima, s’era lasciata travolgere da un treno alla stazione, il suo nome era Emily Sinico. Un tragico incidente, una fatalità. L’articolo diceva che da qualche anno la donna era in preda a delle crisi nervose, dava segni di intemperanza, aveva l’abitudine di attraversare i binari durante la notte, quando usciva per comprare liquori. Era una donna sola. Nessuno venne ritenuto responsabile dell’accaduto.


"La cronaca di quella morte lo disgustava, così come lo disgustava ricordare che a quella donne aveva confidato cose quasi sacre. La sua compagna dell’anima aveva degradato nel vizio se stessa, ma anche lui. Come era possibile che lei fosse caduta così in basso?

Mentre la luce calava e la memoria cominciava a perdersi gli sembrò che lei gli toccasse la mano. Mentre stava seduto rivivendo il tempo che aveva trascorso con lei, si rese conto che lei era morta davvero, che non esisteva più, che era solo un ricordo. Cominciò ad avvertire un senso di disagio.

Ora che non c’era più si rese conto di quanto aveva dovuto sentirsi sola, seduta in quella sala una sera dopo l’altra. Ed anche lui sarebbe stato solo, ecco, sarebbe divenuto un ricordo, ammesso che ci fosse stato qualcuno a ricordarsi di lui.

Percorreva i medesimi viali lungo i quali aveva passeggiato con lei quattro anni prima. Era come se la donna fosse vicina a lui, nel buio."


Perché decise di sottrarle quella speranza? Quel rifugio? Perché l’aveva condannata alla solitudine? Perché era un rapporto sbagliato? Ma ora sentiva la sua natura morale cadere a pezzi…


"Una sola creatura gli aveva dimostrato un po’ d’amore e lui le negò vita e felicità, abbandonandola ad un’esistenza vergognosa. Sapeva che in quel viale buio c'erano esseri acquattati lungo il muro che lo stavano guardando e desideravano che lui se ne andasse. Camminava indietro, col ritmo della locomotiva che rintronava nella mente, si fermò sotto una pianta e lasciò quel fragore svanire. Restò fermo per qualche istante in ascolto. Il silenzio della notte era assoluto. Ascoltò ancora: silenzio assoluto. Sentì che era solo."


La solitudine è colei che adombra la triste rinuncia a vivere i sentimenti, a lasciarsi ingabbiare dal tormento che spoglia la vita delle sue morbide piume, rendendo le nostre ali freddi e spogli telai di una struttura arrugginita che non è più leggiadra nel planare semplicemente fra le nuvole. Duffy... non è andata via soltanto Emily quella notte, anche tu sei stato travolto da quel treno. Anche la tua vita si è fermata lì, quando hai deciso di non amare. Quando durante il banchetto della vita ti sei alzato senza chiedere scusa, e sei scappato via...
e non dare più la colpa al mondo, o a lei, per la rinuncia triste a quello che non sei...



Lo sai cosa vuol dire stare giorni interi a buttar via nel niente solo il niente;




fai mille cose, ma sono sempre i tuoi pensieri che scelgono per te diversamente.



Son stanco d' aver detto le cose che dirò, di aver già fatto le cose che farò,



ma è tardi, troppo tardi, piangere ormai sulla rinuncia triste a quello che non fai...



Non è la luce o il buio né l'ero ed il sarò, non è il coraggio che ti fa dir "vivrò",



è solo un' altra scusa che usare vuoi per la rinuncia triste a quello che non puoi...



Non voglio prender niente se non so di dare, io e chissà chi decidono ciò che posso,

non ho la voglia o la forza per poter cambiare me stesso, e il mondo che mi vive addosso...



I passi in corsivo sono tratti da: J. Joyce, Un caso pietoso, in Gente di Dublino, ed. Mondadori.

L'immagine è una scultura di A. Giacometti, Uomo che cammina.

I versi alla fine sono tratti da: F. Guccini, Canzone della triste rinuncia, in Stanze di Vita Quotidiana, 1974.

Quel pochino che resta, è mio. Ed è per me, solo per me, nient'altro che per me. E non ci sono riferimenti a persone o cose, né passate, né attuali, né eventuali.



lunedì 1 ottobre 2007

Mappa del cielo - Roma 2/10/2007 ore 00:00

Ottobre inizia malissimo, non sono superstizioso, ma inaugurare il mese dimenticandomi della mappa del cielo non è buon segno della mia salute mentale. Forse ho preso una bella botta in testa... vabbè va, proviamo a fare le persone razionali e normali, dopotutto io sono un uomo di scienza, (metafisica, ma sempre scienza è).

In questi sei giorni che ci separano dalla mezzanotte tra oggi e domani alla mezzanotte tra domenica e lunedì prossimi, salvo eventuali altre dimenticanze della mia mente infetta, non cambia moltissimo. La mappa cambia colore perchè la luna è in fase calante e ci avviamo verso il novilunio.